BASILICA SAN MARCO

Frati Domenicani

Beato Angelico

Domenicano e patrono degli artisti

Chi era Beato Angelico

Guido di Pietro, poi conosciuto come Giovanni da Fiesole e infine come Beato Angelico, fu un frate domenicano dotato di un grande talento per la pittura, che visse a cavallo fra Trecento e Quattrocento. Egli nacque a Vicchio di Mugello, nei pressi di Firenze, tra il 1395 e il 1400, secondo quanto affermano le fonti. Le notizie relative alla sua famiglia d’origine sono molto scarse; di certo si sa solo che suo padre si chiamava Pietro e che suo fratello minore, di nome Benedetto, aveva scelto anch’egli di diventare frate.

Guido di Pietro prese i voti nel 1418 circa nel convento di San Domenico di Fiesole, con il nome di fra Giovanni. La corrente religiosa a cui aderì era quella dei Domenicani osservanti, ossia una corrente minoritaria nata all’interno dell’ordine domenicano che prevedeva che si osservasse la regola originariamente stabilita da San Domenico, quella che consisteva quindi in povertà assoluta e ascetismo.

L’educazione artistica di Angelico si ebbe inizialmente nella zona del Mugello, per poi spostarsi a Firenze, presso Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina dai quali prese rispettivamente l’utilizzo di colori accesi e innaturali e l’uso di una forte luce che annullasse le ombre per partecipare al misticismo che pervade le scene sacre da lui dipinte. Questi insegnamenti vennero riversati nella produzione miniaturistica di Beato Angelico e nelle prime tavole che realizzò.

Egli morì a Roma, nel monastero di Santa Maria sopra Minerva dove è sepolto, nel 1455 ed era già conosciuto da tutti con il nome di Angelico, sebbene la beatificazione arrivò da parte della Chiesa, in particolare da papa Giovanni Paolo II, solo nel 1982 e dal 18 febbraio 1984 divenne il Patrono degli artisti. I primi ad attribuirgli l’appellativo di Angelico furono fra Domenico da Corella e fra Cristoforo Landino; anche il Vasari lo chiamò Beato Angelico nella sua opera Le Vite. Questo nome gli fu conferito innanzitutto per la grande religiosità di cui sono permeate tutte le sue opere; in secondo luogo, per l’umiltà che ha caratterizzato la persona del frate domenicano per tutta la sua vita. Tra i meriti artistici di Beato Angelico bisogna annoverare il tentativo di unire i nuovi principi rinascimentali della prospettiva e dell’attenzione rivolta alla figura umana, con i valori tipici del periodo medievale, come la funzione didattica attribuita all’arte e il valore mistico attribuito, invece, alla luce.

Il contesto storico: tra Medioevo e Rinascimento

Beato Angelico vedeva la pittura come mezzo per illustrare le scene del Vangelo; lo scopo era quello di servirsi dell’arte per insegnare attraverso l’uso delle immagini e contribuire così alla salvezza delle anime. La luce di cui si serve nelle raffigurazioni ha un valore mistico, è espressione di grazia e bellezza divina, che possono essere utili alla salvezza dell’uomo e del suo animo.

Il frate domenicano raffigurò per tutto il corso della sua vita soggetti sacri, come Madonne, Santi, Annunciazioni oppure scene della Passione di Cristo. La particolarità che contraddistingue tutte le sue opere è però il tocco di realismo: le figure rappresentate infatti sembrano essere concrete e ricordano, seppur vagamente, le opere realizzate dal Masaccio.

Beato Angelico visse a cavallo di due importanti secoli, il Trecento e il Quattrocento: nel primo era ancora viva e permeante la tradizione tipica del Medioevo, che esaltava molto gli sfondi dorati e la rappresentazione di stoffe assai preziose. Nel Quattrocento invece si affermò la cultura tipica del Rinascimento, e questo significò che in pittura trionfarono realismo e prospettiva.

Nelle opere di Beato Angelico si avverte chiaramente la compresenza di entrambi gli stili; in particolar modo nei dipinti per altari si possono notare le caratteristiche tipicamente tardo-gotiche con le quali Angelico rappresentò i santi o le Vergini, al contrario gli episodi raffigurati in prossimità della base che rappresentano le vite dei santi sono per lo più caratterizzati da scorci prospettici e personaggi abbigliati secondo la moda del momento, che rimandano alla Firenze dell’epoca. Beato Angelico adottò uno stile diverso anche a seconda del committente dell’opera: predilisse uno stile ricco per i fedeli, sobrio per i propri confratelli, solenne per il Papa e la Curia di Roma.

Nella prima metà del Quattrocento Beato Angelico fu partecipe del trasferimento da San Domenico di Fiesole a San Marco di Firenze. Le fonti tramandano che verosimilmente negli anni fra il 1439 e il 1440 egli fu mandato a Cortona, per conto di Cosimo de’ Medici, per donare ai frati domenicani una pala del convento di San Marco. Il frate rimase nel convento fiorentino fino al 1445 ed ebbe modo quindi di essere partecipe del tenore artistico che pervase Firenze in quegli anni grazie al patronato dei Medici. La stagione artistica fiorentina ebbe avvio con il Concilio del 1439, nell’ambito del quale vennero commissionate moltissime opere pubbliche.

Inizialmente Angelico era rimasto a Fiesole, in qualità di vicario, ma nel 1440 Cosimo il Vecchio decise di affidargli la decorazione del convento fiorentino di San Marco e all’anno seguente risale la prima testimonianza scritta che certifica la presenza del frate pittore all’interno del convento. La decorazione del Convento fu concordata con Michelozzo, famoso pittore dell’epoca, già al servizio dei Medici. Il risultato di tale decorazione fu un capolavoro che interessò tutti gli ambienti del convento, comprese le celle dei frati.

La realizzazione di un’opera pittorica così imponente e unica nel suo genere rientra nel cambiamento che Cosimo il Vecchio impresse a Firenze: la città infatti in quel periodo si arricchì di numerosissime opere di architettura, scultura e pittura che furono l’incipit della civiltà artistica dell’Umanesimo. Durante la sua permanenza a Firenze non lavorò solo per la famiglia medici ma anche per gli altri aristocratici del tempo, come la famiglia Strozzi. Il suo stile e le sue opere, ora come nel Rinascimento, sono consosciute in tutto il mondo, ed il suo ruolo di portavoce del messaggio e dei simboli cristiani è da ritenersi inestimabile per i successivi stili e visioni del mondo che, dopo la sua morte si configurarono, con l’Umanesimo e lo stile Cinquecentesco.

Pittore di transizione: stile e opere di fra Giovanni

Per sensibilità e tecnica, Beato Angelico si pone come anello di passaggio tra Medioevo e Rinascimento. Considerato pittore della transizione, egli immette nella prospettiva acquisita dall’opera del Masaccio di cui si faceva promotore, una luce ed una sensibilità cromatica che lo faranno considerare un celebre innovatore tra i pittori del Rinascimento Italiano. Bernard Berenson, storico dell’arte statunitense specializzato nell’arte rinascimentale, sottolinea la sua polivalenza, come tutti gli artisti fiorentini, ma proprio la luce e il colore, faranno dare del Beato Angelico un giudizio estremamente favorevole da parte di Ruskin, scrittore, pittore, poeta e critico d’arte britannico che con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura influenzarono fortemente l’estetica vittoriana ed edoardiana.

Nella pittura di Fra Giovanni si intravede una corrispondenza tra l’espressione artistica e la filosofia neo-tomistica della natura naturata creata direttamente da Dio e per ciò stesso contemplata in una dimensione statica di assoluta preghiera. Giorgio Vasari tramanda che prima di dipingere Fra Giovanni pregava e piangeva, tanto che le sue visioni sono ultraterrene e maestatiche, di contemplazione divina. Il modo dipinto dal pittore è fatto di Santi, Angeli, di beati e anche di diavoli, ma la sua tavolozza rimane illuminata nell’oro, nei colori vivaci e a forte impressione emotiva. Tra i molti dipinti degni di nota per stile e innovazione sono le seguenti opere:

Tebaide, 1420 c.a. Conservato presso gli Uffizi di Firenze, questo dipinto a tempera su tavola raffigura, in un paesaggio montagnoso, le vite dei Santi Padri nel deserto di Tebe. Data la mancanza di valori rinascimentali, quest’opera viene riferita al periodo giovanile del pittore Beato Angelico, quando egli non era ancora entrato a far parte dell’ordine dei Domenicani.

San Francesco riceve le stimmate, 1428 – 1429 Quest’opera fa parte di una serie di dipinti intitolati Predella con storie francescane. Si esaltano la compitezza miniaturistica e la vivacità narrativa tipica delle opere successive del pittore.

Annunciazione, Firenze, Convento San Marco. Annunciazione nella predella: Storie della Vergine. Annunciazione, Museo Diocesano di Cortona. Con questo tema l’artista raggiunge la massima espressione attraverso prospettive, colori, natura e messaggio religioso. All’interno dell’impianto architettonico immobile in cui compaiono due personaggi compresi in un dialogo divino, dietro la madonna si intravedono morte chiuse e tendaggi che simboleggiano il passaggio chiuso del paradiso che solo Maria può riaprire. Proprio la figura di Maria è da considerarsi per fra Giovanni la Ianua Coeli, ovvero la porta del cielo. Questa figura sarà anche il mezzo per passare dall’arte tardo-gotica a quella rinascimentale.

Madonna con Bambino, 1449 circa.  Questo capolavoro sposta stilisticamente in avanti il pittore, ospitato nella cappella Frangipane in Santa Maria della Minerva, e venne realizzata per l’anno del Giubileo del 1450. La tela, dipinta a tempera, colpisce per la monumentalità della figura, i colori più severi, rispetto agli standard del Beato Angelico. La torsione del busto della madonna richiama la concezione rinascimentale di movimento della statua di San Giorgio di Donatello, realizzato nel 1417. Il simbolismo del bambino che sorregge il globo in cui sono riportati i continenti ripresenta il tema del salvatore per l’umanità. Si segna dunque l’inizio dell’umanesimo.

La figura della Madonna nelle opere del Beato Angelico

Tra i soggetti preferiti dal Beato angelico troneggia quella della madonna in trono, dove spesso la prospettiva masacciesca si fonde alle miniature di Lorenzo Monaco per creare l’emozione tipica del frate pittore. Come aveva già sottolineato Berenson, fra Giovanni immette nell’impianto architettonico luce e colore che non erano stati esplorati prima di lui. Per questa ragione fra Giovanni è considerato un grande innovatore tra i pittori rinascimentali del Cinquecento. Le grandi innovazioni del Beato Angelico in temi di stile pittorico sono ben visibili all’interno del convento di San Marco, da considerarsi un museo permanente di questo grande artista.

Il convento di San Marco

Localizzato a pochi passa dalla casa dei de Medici, il convento di san Marco fu il luogo dove il Beato Angelico mise maggiormente a frutto la sua arte. Il complesso di San marco, con la chiesa e il convento, era il cuore della vita religiosa e civile della Firenze del Quattrocento fino all’arrivo di Girolamo Savonarola, frate domenicano che ricoprì la carica di priore. Il rapporto fra il banchiere fiorentino Cosimo de Medici e il frate Giovanni, poi Beato Angelico, è ben visibile all’interno del convento: dopo aver assegnato il convento ai Domenicani, Cosimo cerca di riportarlo a nuova vita con una commissione di ben quarantamila fiorini d’oro, affidata all’architetto Michelozzo e i lavori di affrescatura al frate artista Giovanni.

Dal chiostro alla sala dello Spizio, dove è custodito il cosiddetto giudizio universale o il tabernacolo dei linaioli, fin dentro ogni cella dei frati domenicani è possibile ammirare le opere del Beato Angelico. Goni affresco delle celle ha come scopo principale la simbologia che è chiaramente fondamentale per l’atto meditativo dei confratelli che vivevano nelle celle. Tra queste spicca l’affresco della cella riservata all’ospite più illustre, il committente Cosimo de Medici. Il parallelismo tra la scena raffigurata dell’adorazione dei magi e Cosimo è chiara: come i magi hanno portato i loro doni, lo stesso de Medici ha portato i suoi a Gesù Cristo tramite la donazione per il restauro e gli affreschi del convento di San Marco a Firenze.

Negli ultimi cinquanta anni, fra Giovanni è stato riscoperto maggiormente tanto che nel 1982, Papa Giovanni Paolo II concesse a tutto l’ordine dei domenicani di inserire il Beato Angelico all’interno del culto liturgico e nel 1984 proclamò 18 Febbraio, anniversario della morte di fra Giovanni, anche detto Beato Angelico, giorno a lui dedicato in quanto Patrono Universale degli Artisti.

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